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Gaia Santini

VIDEOARTE |

Gaia Santini (Peccioli, 2001) si è formata dapprima al Liceo Artistico di Volterra e poi all’Accademia di Belle Arti di Firenze dove attualmente sta per concludere i suoi studi in Scultura.

La sua storia si anima da lontano, continuamente alla ricerca di un linguaggio che possa avvolgere e travolgere se stessa e gli altri, si scontra improvvisamente con l’inesorabilità del fuoco che distrugge.

Un fuoco che muta irreparabilmente la sua poetica dall’interno, creando una simbiosi totale tra dentro e fuori. Attraverso lo sguardo che registra i mutamenti costanti di un mondo in fermento, Gaia sente la necessità di dover smuovere le persone, di far provare emozioni profonde attraverso i suoi filtri utilizzando il tratto nero del carbone vegetale per imprimere su grandi superfici le suggestioni che l’esterno le suggerisce. 

Da quei drammatici momenti in poi capisce che non c’è parola pronunciata che possa segnare vivo il presente come un segno tracciato di polvere. Il carboncino che fino a quel momento era un semplice attrezzo diventa il prolungamento fisico dei suoi pensieri solcando linee che raccontano di una realtà bestiale, che fa vacillare il fragile corpo dell’umano; eppure davanti alla drammaticità della cronaca lei ne riproduce una bellezza nuova, una bellezza di rivalsa. Un caos iniziale che si tramuta in silenziosi precetti.

Nel 2022 ha realizzato un’opera scultorea per la mostra “Sapori senza Tempo” dell’Associazione non-profit Divercity. Il 2023 si è aperto con la partecipazione a vari Workshop – con il Gruppo Hera ed artisti nazionali ed internazionali. Ha preso parte alla 51° edizione di “Forme nel Verde” presso San Quirico d’Orcia, alla edizione della residenza artistica “M.Arte in Centro” a Montaione e fatto un intervento di action painting della durata di due giorni presso il comune di Peccioli durante il “Simposio sul Cambiamento”.



(H)ILLS

Gaia Santini

Di fronte alla distruzione del fuoco l’uomo si fa impotente. 

Il nulla prende il posto della materia, mentre ciò che resta è avvolto da un manto nero.

Profili verdi investiti da lingue taglienti che solcano inarrestabili il lavoro di chi su quella gleba ci ha vissuto, nutrendosi degli stessi frutti, respirando la stessa aria che adesso è orridamente densa.

La mia Terra martoriata da incendi, spesso dolosi, chiede di essere letta e di prendere atto della vigliaccheria umana verso la natura che lo ha generato.

E davanti alle infinite strade di un campo nero io mi sento sopraffatta, bisognosa di raccogliere quelle rovine e farle materia viva. 

Così il carbone, figlio del fuoco, diventa emblema della devastazione ma anche del ricordo e della coscienza.

Liberato dalla terra, danza ad un livello superiore, mantenendo la memoria di quelle onde contadine.



Materiali: Carbone vegetale, colla, ferro, vernice

Dimensione: 155 x 88 x 70 (cm)