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Flavio Riccardi

LETTERATURA | Lazio

Flavio Riccardi è nato a Latina trent’anni fa. Dopo dieci anni trascorsi tra Roma, Trieste e Madrid, è tornato da poco nella sua città natale. Di giorno si dedica alla ricerca in fisica teorica; di notte, quando il sonno tarda ad arrivare, scrive poesie, prevalentemente in dialetto romano.

Le sue poesie sono il frutto dei semi piantati durante l’infanzia: dal nonno e dalla madre ha ereditato l’amore per Trilussa e per la tradizione degli stornelli romani, mentre dal padre l’ammirazione per Franco Califano.

Scrive in romanesco, in italiano e talvolta in una forma ibrida romanesco-spagnola ispirata ai suoi anni a Madrid. Alterna sonetti in metrica a componimenti liberi, mantenendo sempre la rima come elemento essenziale di musicalità.

Oltre a scrivere, ama recitare: per lui la poesia, soprattutto quella dialettale, va interpretata più che letta. Per questo ha creato i profili “aromaderime” su Instagram e TikTok, dove condivide le proprie interpretazioni.

Ha partecipato a poetry slam, ma considera la poesia principalmente una forma di espressione personale. Tra i suoi progetti futuri c’è quello di mettere in musica le sue poesie e realizzare una raccolta di poesie autobiografiche intitolata Così sò nato e così vojo morì.


Descrizione progetto in concorso:
Il progetto raccoglie due poesie, La carezza de tu madre (2020) e Me rimetti al mondo (2024), che rappresentano due momenti diversi ma complementari del percorso poetico di Flavio Riccardi.

La prima nasce durante un viaggio in treno da Trieste a Latina, nella primavera del 2020, in piena pandemia. Quel giorno era la festa della mamma e, vedendo le dediche sui social, l’autore sentì il bisogno di scrivere un pensiero per la propria madre: quel pensiero divenne poesia, in rima e in dialetto romano, la lingua più intima e naturale per lui.

La forma scelta è la quartina in rima alternata, in continuità con la tradizione della poesia dialettale romana. Nella terza strofa lo schema si interrompe per ospitare una citazione di Luca Barbarossa, artista caro alla madre, a cui il testo rende così un omaggio affettivo.

Il romano, nella visione del poeta, è una lingua viva e mutevole, che assimila più che integra e permette a ciascuno di metterci qualcosa di sé: anche un “burino de Borgo Sabotino” può sentirsi romano.

Me rimetti al mondo nasce invece quattro anni dopo, a Madrid, dove l’autore viveva con la sua compagna. È un sonetto in endecasillabi costruito sullo stesso schema metrico-rimico di Tanto gentile e tanto onesta pare: una riscrittura in linguaggio “volgare”, in chiave contemporanea, in cui l’amore non è più ideale ma quotidiano e concreto.

In entrambe le poesie la rima è un elemento imprescindibile: la musicalità è per l’autore la condizione stessa della poesia, il suo modo di far vibrare le corde più intime dell’animo.