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Nicolò Bassetto

VIDEOCLIP | Veneto

Nicolò Bassetto è un regista classe 98, nato a Treviso, vive a Milano dal 2022. È attivo dal 2020 nel campo dei videoclip musicali, delle campagne di moda, sport, pubblicitarie e documentaristiche. La sua biografia sembra a primo acchito aver poco a che fare con il mondo dei video: frequenta la scuola forestale, conclude con un diploma e una laurea in grafica e comunicazione. Riesce a portare la metodologia usata nell’approccio grafico di ricerca dei simboli, analogie di significato e della sintesi nei suoi video. Nasce tra i suoi tratti distintivi nel video l’utilizzo dello zoom: non appartiene all’occhio, anzi lo buca, va oltre alla funzione umana e ci permette di svelare ciò che l’occhio non vede.
Il desiderio è quello di inserire all’interno di contenuti tendenzialmente fruibili dalla maggior parte delle persone, concetti, ricerche, citazioni di livello. Non evitare il mainstream, ma provare a modellarlo dall’interno. L’approccio al mondo dei videoclip avviene in mondo naturale, è un appassionato di musica. Si trasferisce a Milano e da allora grazie ai tratti distintivi della sua regia, collabora con diverse realtà produttive del settore, come Borotalco.

Ha diretto due videoclip per Sanremo e numerosi altri nel panorama musicale emergente e non. È inoltre sempre più attivo anche nel campo della moda, delle campagne pubblicitarie e nei documentari brevi. Il MEI aggiudica il premio PIVI 2024 per il miglior videoclip italiano indipendente diretto da Nicolò a “Non Chiamarmi Bella” di Lamante.

Descrizione progetto in concorso

Il videoclip di “Non chiamarmi bella” conclude e completa la narrazione visiva dell’album “In Memoria Di” di Lamante. Scritto da Nicolò Bassetto e Giorgia Pietribiasi (Lamante), e diretto da Nicolò Bassetto, con Nicola Cattelan alla direzione della fotografia, il video racconta una storia ambientata in una società agricola e matriarcale. Qui, donne di diverse età vivono in armonia, coltivando melograni—frutti che simboleggiano vendetta e il loro sangue versato—dopo aver creato una netta separazione tra il mondo degli uomini e quello delle donne. Tuttavia, secondo una saggia anziana della comunità, questa libertà è nuovamente minacciata, spingendo il popolo delle donne a far sentire il proprio grido di ribellione.

Il videoclip assume così una dimensione surreale, in cui la musica si interrompe per dare spazio a parti recitate. Lamante e le sue compagne si difendono, armate di urla, coltelli e melograni, contro il popolo maschile e il loro capobranco. Il succo rosso dei melograni si mescola al sangue versato, creando un contrasto visivo potente che emerge dallo schermo tra le valli verdi e gli abiti bianchi simbolici delle donne. Non chiamarmi bella si presenta come un’opera ricca di simbolismo, che sfiora il tono di un manifesto femminista, ma con un tocco di ironia. Rifugiandosi nel mito, il video offre una metafora del dramma contemporaneo, pur non identificandosi come una semplice opera femminista. Piuttosto, è un grido contro il potere e contro coloro che lo detengono.