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Chiara Miscali

LETTERATURA |

Federica Ruggiero nasce a Roma nel 1995. Attualmente è dottoranda in Teoria dei Linguaggi presso La Sapienza e si occupa di ironia e intertestualità. È stata una delle fondatrici della rivista YAWP- L’Urlo barbarico, dove dirigeva la sezione Racconti e la sezione Mimesis, dedicata al cinema e alle arti figurative. Collabora e ha collaborato con alcune riviste online, quali Nazione Indiana, La Balena Bianca, Limen Pastiche, Frammenti rivista, Verde rivista, The Serendipity Periodical, Flanerì, Carmilla, The Walkman Magazine, pubblicando saggi critici, racconti, recensioni e articoli giornalistici. È stata selezionata tra i finalisti della sezione Letteratura al MArteLive 2023 con la sua opera Italian Beauty presentata sotto lo pseudonimo di Olympia Maas. La sua ricerca letteraria procede di pari passo con l’esplorazione di altri linguaggi estetici. È stata bassista e seconda voce nella band The Call of the Whale. Assieme a Marcella Scardala ha realizzato delle performance di natura teatrale-musicale in occasione del tour di presentazione della raccolta poetica L’urlo barbarico (AA. VV., Le Mezzelane, 2017). È stata assistente alla fotografia sotto la direzione di Elio di Pace per le riprese del lungometraggio Racconto d’amore e di inquietudine di Domenico Punturiero, film che è attualmente in fase di post-produzione. Di recente ha iniziato a guardare ancor più alle arti performative, in particolare alla danza e al teatro. Qualcosa di nessuna importanza è la sua prima pièce, in attesa di essere messa in scena.

Descrizione progetto in concorso
La tecnica Drakovic

La tecnica Drakovic. Il morto manovrato. Un piccolo pesce viene eviscerato, fissato sull’amo e poi calato nel fondale. I suoi movimenti stentati, frutto dell’assenza di interiora e di manovre brusche, lo fanno sembrare una preda in difficoltà. Un’esca apparentemente viva, in realtà un fantoccio esamine. Miriam è viva, ma di fatto è morta nel giorno in cui sua madre ha dovuto compiere una scelta di fronte a cui nessuna madre dovrebbe trovarsi: dare la vita sapendo di dover morire, o dare la morte per non abbandonare chi resta. Circa vent’anni prima delle vicende del racconto, la madre di Miriam, incinta per la seconda volta, scopre di avere un cancro al seno. La massa tumorale avanza inesorabile, aggravata dai turbolenti cambiamenti ormonali della gravidanza. Una decisione drastica si pone: dare alla luce una nuova vita, andando incontro a morte certa; abortire e salvarsi.
Il racconto si sviluppa come una giustapposizione di scene senza apparentemente alcun nesso tra loro. La linea del tempo è lacerata come lo sono le due figlie, lo spazio della narrazione non è ricostruibile come non sembrano ricostruibili due vite schiacciate dal peso di scelte altrui su cui, a ben vedere, non è possibile esprimersi. Due esseri soli, che condividono la stessa sofferenza senza però poter solidarizzare fra loro fino in fondo, ma legate insieme da un amore fraterno che, nonostante tutto, resiste.