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Daniele Fugarese

FOTOGRAFIA | Lazio

Daniele Fugarese nasce nel 1998 a Ferrara. Dopo essersi diplomato al Liceo Artistico Dosso Dossi di Ferrara, dove avviene un primo approccio con la fotografia, si iscrive poi all’Accademia di Belle Arti di Bologna al Corso di Linguaggi del Cinema e dell’Audiovisivo.

Nella primavera del 2019 partecipa al suo primo workshop di fotografia “Futuri Prossimi”, sostenuto dall’associazione culturale RIAPERTURE di Ferrara. Trasportato da una forte esigenza comunicativa, decide di accompagnare i propri progetti e studi alla forza dominante delle immagini. Scrive e dirige negli anni diversi cortometraggi tra cui “Dopo la guardia” (2020), “Oltre il confine del Cerchio” (2022) e “Il Nido” (2024). Contemporaneamente fonda “studio Dedalo”, un collettivo artistico dove si incontrano molteplici maestranze artistiche con il fine di creare materiale audiovisivo dal carattere impattante e significativo. A inizio 2024 si laurea all’Accademia di Belle Arti di Bologna e si trasferisce a Roma.

Descrizione progetto in concorso

“Stenosi” 

Il progetto artistico esplora il senso di smarrimento e alienazione generato dall’iperconnessione e dalla sovrabbondanza di stimoli visivi che caratterizzano la vita contemporanea. Immagini, ologrammi e forme digitali definiscono gli spazi che abitiamo, trasformando i luoghi in entità prive di identità, mentre ci muoviamo tra essi scollegati dalla realtà fisica e immersi in una dimensione virtuale. In questo scenario, i pensieri, i ricordi e i sogni rischiano di dissolversi, immagazzinati in spazi digitali anziché nella memoria umana.

L’opera riflette sullo straniamento prodotto dall’eccesso di immagini “condivise” e dall’intrattenimento costante che ci rende spettatori passivi di catastrofi e crisi, anestetizzati dal comfort delle nostre vite quotidiane. La progressiva riduzione degli spazi praticabili ci porta a confinare le nostre esistenze in ambienti sempre più ristretti e controllati, fino a trovarsi intrappolati in una stanza ben organizzata, collegati al mondo esterno ma privi di una reale connessione con l’ambiente e la natura. Questa condizione crea un senso di claustrofobia e paranoia, dove la banalità della vita privata è costantemente messa a confronto con le angosce globali, in un ciclo continuo di turbamenti emotivi e soffocanti.