Nias Zavatta
FOTOGRAFIA | Emilia Romagna
Prima di ogni cosa arrivò il desiderio e il bisogno di viaggiare, instancabile come l’energia che si percepisce prima di quella che tu sai sarà un’intensa camminata, e con gli anni fotografare è diventato il naturale e prolungamento di questo viaggiare, la parte mancante di una fusione con ciò che si muove intorno, si tratti di presenze umane o naturali.
Nias Zavatta è nata nel 1989 a Ravenna, città dalla quale spesso si allontana per poi, inesorabilmente, ritornare. Nata e cresciuta tra obiettivi e macchine fotografiche, ha iniziato a esplorare diversi linguaggi fotografici: dalla fotografia di viaggio e documentarista a quella intima e di ritratto. Ha frequentato diversi workshop con artisti di fama internazionale: ora lavora in collaborazione con compagnie teatrali e sviluppa progetti personali, l’ultimo di carattere antropologico nel sud del Cile all’interno di una comunità mapuche. La sua ricerca è varia, soffre rigide etichette ma pone sempre al centro la fotografia come strumento per indagare la complessità del reale. Ha esposto a livello nazionale in mostre collettive e personali e ha visto pubblicati i suoi lavori in alcune riviste e cataloghi quali Dodho Magazine, (Italia) Colectiva Catalogo (Cile) e JPGBOOK (Spagna).
Progetto
Spazio e corpo. Corpo che si fa barriera, guscio che si smaterializza.
Le linee si fanno paesaggio, umano.
Paesaggi femminili è un progetto fotografico in corso, nato durante il tempo sospeso di questi ultimi anni, un tempo per sua essenza intimo e protetto, fatto di luoghi e volti familiari con i quali l’autrice ha voluto intraprendere un dialogo nuovo, per dare vita a una nuova conoscenza. Quella che ha preso forma è una conversazione tutta al femminile, dove la fotografia diventail mezzo per lasciare trapelare la bellezza più intima, la sensualità a volte ignara di se stessa. Ma Paesaggi femminili è anche lascoperta di una nuova consapevolezza, il bisogno di “auto significarsi” attraverso la propria, pura, fisicità: al centro c’è il corpo, un corpo Madre, un corpo vissuto, un corpo involucro che fa trapelare il proprio io in tensione verso occhi esterni, ma cherimane profondamente, e solamente, nostro. E così una mano, un seno, il proprio sesso, il ventre si fanno casa, un luogo da ri-scoprire, l’orizzonte all’interno del quale riappropriarsi delle diverse sfumature del femminile.
In questa grande stanza di ricerca e di ri- scoperta, la fotografia cerca di scardinare nei soggetti ritratti resistenze e insicurezze,liberando e dando un volto alle singole identità.