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InBuonaFede (Federica Giglio)

GRAFICA | Emilia Romagna

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Federica Giglio, in arte InBuonaFede (o In buona Fede)

Federica nasce in Calabria a Paola (CS) si trasferisce a Bologna nel 2013 dove inizia il percorso di studi in Filosofia presso l’Alma Mater Studiorum. Proprio a Bologna, dove attualmente vive, coltiva e sviluppa la maturità artistica che la contraddistingue prima nel mondo delle vignette e della satira e successivamente in quello dell’Illustrazione. Artista irriverente, ha collaborato e collabora con diverse realtà attive sul territorio in materia di diritti, e collabora con varie riviste e quotidiani, tra questo il settimanale Left. Si definisce una Partigiana che ha sostituito le armi con le matite e le sigarette, alla base dei suoi disegni c’è il riscatto sociale e la lotta intesa come rivolta collettiva. Federica ed il suo vissuto, sono presente nei suoi disegni nonostante questi prendano l’avvio da notizie di cronaca nazionale e internazionale. È vincitrice del premio Under 30 del prestigioso concorso di vignette Cartoon Sea, ha partecipato a numerose mostre e ha collaborato con i collettivi di vignettisti Sputnink e Vignettisti per la costituzione. 

LA CURA

“ […] ma poiché fu la Cura che per prima diede forma a questo essere, fintanto che esso vivrà lo possieda la Cura. Poiché però la controversia riguarda il suo nome, si chiami Homo poiché è fatto di humus (terra).”

Il progetto la Cura prende avvio da un’antica favola latina della raccolta del poeta Igino. Favola che Heidegger riporta in uno dei paragrafi di Essere e Tempo.  La cura (la sollecitudine, l’inquietudine, tenendo fede all’etimologia ) crea l’uomo dalla terra e Giove e Terra non solo ne rivendicano la paternità ma entrano in collera per la scelta del nome, sarà Saturno (il tempo) a sciogliere il nodo, riconoscendo alla cura la sua importanza fondativa, a Giove la sua importanza spirituale, e alla Terra la composizione stessa dell’uomo (da cui prenderà il nome). La cura quindi viene identificata dal poeta latino prima e dal filosofo dopo, come struttura dell’esistenza stessa dell’uomo. I disegni di Federica Giglio si intrecciano con l’indagine heideggeriana della Cura. Heidegger infatti sottolinea la differenza tra l’aver cura, intesa propriamente come un aver cura subentrante, che si mette al posto dell’altro per procurare benessere e successi; ma mettendosi al suo posto questo “aver cura” diviene una modalità di possesso in cui l’altro è trattato come il nulla e lo trasforma come dipendente e dominato. Di contro c’è l’aver cura che non sostituisce l’altro ma lo presuppone nel suo poter essere esistentivo, non lo sottrae dalla cura ma lo inserisce autenticamente in essa, che altro non è che la loro base fondante.

La televisione come cura sostitutiva e dominante, la memoria ( rappresentata dal giudice Falcone) come cura che tutela la bambina, l’impersonalità narrativa dell’evento tragico che coinvolse Alika Ogochukwu,  le vittime del nostro mediterraneo e la dialettica fuorviante che impera su queste morti… sono solo un estratto della solitudine che l’autrice ha voluto inserire nel progetto ma i suoi lavori spaziano in un ambito di indagine molto più ampio, I corpi delle donne e degli uomini di  Federica Giglio abbracciano la solitudine che nasce sulle rive del mare dove viene abbandonata la cura che rende liberi.