Giovanni Onorato
TEATRO | Lazio
bio artista:
nato a Roma nel 1995, approfondisce le arti sceniche da autodidatta frequentando numerosi laboratori e workshop con esponenti interessanti della scena, in particolare Daria Deflorian, Roberto Latini, Antonio Rezza e il Teatro Valdoca. Nel 2016 si trasferisce a Berlino dove studia danza contemporanea presso il Tanzfabrik Berlin per un anno. Tornato a Roma incontra il regista Dante Antonelli, con cui lavora ad “Atto di Adorazione”, che debutta al Romaeuropa Festival nel 2019. Nello stesso anno comincia a lavorare al suo primo spettacolo: “Suck my Iperuranio”, che vince il bando #pillole del Teatro Studio Uno. Durante il covid si iscrive a filosofia mentre nel 2021 lavora con Filippo Timi e la compagnia Fettarappa/Guerrieri. Nel 2022 esce “Questo poco che sono”, il suo primo disco e “Suck my Iperuranio” torna in scena nello spazio Carrozzerie n.o.t di Roma, classificandosi poi in finale al premio Direction Under30. Il suo nuovo progetto “A.L.D.E. non ho mai voluto essere qui” è stato finalista al bando Biennale College. Ha lavorato come cameriere, fornaio, detective e autista.
titolo performance:
SUCK MY IPERURANIO. per una stand-up comedy triste, ironica, potenzialmente straziante
sinossi:
un aspirante comico in lacrime.
un pessimo inizio.
il sentimento dell’estasi
e Maria se n’è andata.
e non restano che le battute,
le battute sì,
come antidoto all’autocommiserazione.
e poi il pianto, la tragedia e lo schiaffo
come antidoto alle battute.
c’è una gioia antica negli occhi del comico
invisibile a tutti tranne che a lui
e forse a chi lo ha amato
e forse è questo a rendergli impossibile lasciar andare.
Maria se n’è andata
“ed io devo trovare il modo per spiegarle questa sensazione che ho di camminare come se fosse il primo o l’ultimo giorno della umanità.” come possiamo essere grati di tutto
e lasciar andare ogni dolore
e ridere
e piangere
senza chiedere niente
e guardare ogni cosa
coperta di luce
sconvolti e innamorati?
non lo so.
suck my iperuranio.
note di regia:
In questa scrittura originale per attore solo, ispirata dai racconti di Heinrich Böll, la stand- up comedy diviene strumento narrativo a servizio della performance: un comico chiuso nella sua stanza sta cercando di dimenticare il suo amore perduto e lo fa sforzandosi di provare i suoi sketch, che non lo fanno più ridere. Delle “Opinioni di un clown” non è rimasto niente, se non il soggetto e l’atmosfera che lo anima, potremmo dire che sia stato un pretesto più che un testo. Il linguaggio è andato spontaneamente verso quella che, in gergo, si definisce “stand-up poetry”, il testo oscilla continuamente fra un’intensità poetica ed un’ironia da clown, quella di chi fatica a trovare un posto nel mondo per la sua tragica inutilità e profonda differenza. L’ambientazione è spoglia, la musica quasi inesistente, il costume è un pigiama, solo le luci disegnano lo spazio. Lo spettacolo sfida l’attore a tenerlo in piedi.
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necessità tecniche per la finale: un piazzato.