Compagnia Ragli
TEATRO | Lazio
SCHEDA COMPAGNIA
COMPAGNIA RAGLI. Fondata da Rosario Mastrota, Andrea Cappadona e Dalila Cozzolino, si dedica a tematiche civili e sociali attraverso un linguaggio drammaturgico contemporaneo. Debutta con Ragli a Primavera dei Teatri. Seguono: Fine (finalista al Premio Dante Cappelletti, Pr. Kantor, Pr. Controscene Biella e Pr. Cantiere Opera Prima, Rm); Salve Reggina! partecipa al Napoli Teatro Festival, finalista a Hystrio Scritture di Scena_35, al Premio Dante Cappelletti e al Pr. di Drammaturgia Oltreparola. L’Italia s’è desta apre la trilogia sulla smitizzazione della ‘ndrangheta. Lo spettacolo vince: Uno per Monologhi, Teatropia, Pr. Centro alla Drammaturgia, Dirittinscena Univ. La Sapienza, Pr. Restart Antimafia e Pr. Politicamente Scorretto, è finalista a Hystrio Scritture di Scena e debutta in forma di lettura al Teatro Valle; ha una tournèe nazionale con oltre 100 repliche; partecipa, inoltre, al Festival INSCENA! New York City, NYC 2015. Gli altri 2 spettacoli della trilogia sono: Panenostro (Pr. Per Voce Sola–Teatro della Tosse di Genova) e Ficcasoldi (Pr. Giovani Realtà del Teatro, Civica Acc. Nico Pepe 2013). Onions, di R.Mastrota e D.Cozzolino, è il testo scelto da CollaborAzioni e diretto dalla regista O.N. Rabinyan (Lyncoln Center e World Wide Lab, NYC). Nel 2015 debutta La Bastarda, ispirato alla vita di Lea Garofalo, patrocinato da Avviso Pubblico, Città Metropolitana di Milano, ARCI e daSud. Border Line, debutta a Carrozzerie NOT nel dicembre 2018, è interpretato da Antonio Tintis, Giuliana Vigogna e Matilde Vigna (Ubu 2016 per Santa Estasi di A.Latella). Segue, nel 2018, Macbeth Aut Idola Theatri, scritto, diretto e interpretato da Dalila Cozzolino, progetto vincitore della Residenza invernale Emergenze Romane 2018. Nel 2019, Ragli è tra le compagnie selezionate da Fabulamundi Playwriting Europe e debutta a Primavera dei Teatri 2019 con The Speaking Machine, dell’autrice catalana Victoria Szpunberg, prodotto da Primavera dei Teatri e PAV Fabulamundi, per il progetto europeo Europe Connection 2019, diretto da Rosario Mastrota. Tutor critico del progetto è Alessandro Toppi (Hystrio, Pickwick). Con Chi niente fu, scritto da Giuseppe Pipino, la Compagnia Ragli vince il Festival Inventaria 2019 sezione “Demo”, presentando un lavoro di 12 minuti. Dal 2017, alla Compagnia Ragli è affidata la direzione artistica del teatro di ÀP, Accademia Popolare dell’Antimafia e dei Diritti (RM). www.compagniaragli.com
CHI NIENTE FU
(non dirà niente)
di Giuseppe Pipino
con Dalila Cozzolino
regia Rosario Mastrota
luci e suono Giacomo Cursi una produzione Compagnia Ragli
“E di tutto questo rimango solo io, un povero bambino abbandonato, che nessun Amore ha voluto come figlio adottivo e nessuna Amicizia come compagno di giochi” F. Pessoa
Un palazzo senza intonaco, lontano dal centro di un piccolo paese del Sud e dalle vite che ne fanno parte. Un palazzo silenzioso, le vite che ci stanno dentro non fanno rumore, non escono mai.
Un palazzo composto da tre appartamenti, in ciascuno una vita silenziosa.
Carmela abita il primo appartamento. Non cammina mai scalza, indossa sempre tre paia di calzini. Niente e nessuno riuscirebbe a vederle, toccarle, sporcarle i piedi. Ha paura di rovinarli, i suoi bei piedi. Sua madre glielo ripeteva sempre: “Attenta ai piedi!”. I piedi, un grande privilegio nella sua famiglia, un altrettanto grande senso di colpa. Avere i piedi costringe all’inerzia, alla solitudine, alla paura di fare passi verso la vita, per un’intera vita. Ma un giorno Carmela comincia a correre.
Per Marino, che abita il secondo appartamento, il mondo, ormai, è finito. Così lui sostiene davanti alla sua platea di bigodini, dove vorrebbe esibire la sua libertà mostruosa ma fallace. Perdere una persona è perdere il mondo, perdere qualcuno è la fine del mondo. Esiliato dalla sua famiglia dopo uno scandalo legato alla “bestia di femminilità” che si porta dentro piegandogli le gambe, incurvandogli la schiena, modellandogli i gomiti, Marino vorrebbe tornare nella sua vera casa, ma per strada nessuno gli parla, tutti lo guardano solo dopo il suo passaggio. E ridono un po’.
Elvezia vive nell’ultimo appartamento. Dal sei maggio 1942, non vede l’altra parte del cielo, non ha visto metà della guerra, nella disperazione ammutolita davanti ai bombardamenti. Non vede più l’altra parte, solo una, solo una metà. I rumori allora si fanno più grandi, occorre dare loro un nome. Tutto quello che sta dall’altra parte, che sfugge alla sua vista, tutto quello che le corre di lato prima che possa voltarsi, non ha forma, ma un nome sì. E un giorno Elvezia scopre il nome del rumore nel petto: vede l’amore. Lo vede, ora, per intero.
NOTE DI REGIA
Giuseppe Pipino ha scritto tre monologhi. Ogni monologo potrebbe prendere forma autonomamente, forse. Ma leggendoli insieme, uno dopo l’altro, abbiamo subito pensato alla possibilità di un’unica messa in scena. I tre personaggi sono distanti solo in parte: in tutti si scorge immediatamente la condizione di atopos, senza luogo e fuori luogo.
La letteratura, la filosofia, la psicoanalisi hanno lasciato una lunga bibliografia su chi vive “ai margini”, sui cosiddetti “anormali”. Anche la drammaturgia contemporanea ha esplorato numerose possibilità,
mettendo in relazione gli emarginati con la società “liquida” attuale.
Questo lavoro parte dal provare ad immaginare che cosa fa nella sua solitudine chi è stato lasciato completamente solo. Non ci sono personaggi “antagonisti” appartenenti al “fuori”, si vuole provare ad entrare nelle stanze di questi personaggi senza fare rumore.
Troviamo allora due donne e un uomo dimenticati, lasciati soli, allontanati da tutti, che suonano come “affollate solitudini”.
Abbiamo pensato di offrire un luogo a questi atopos, il palcoscenico, e metterli insieme: inquilini di un unico palazzo che sembra via via perdere i contorni definiti delle mura domestiche e diventa un posto in cui l’invisibile si mostra, diserta, si ribella. Uno spazio vuoto, un limbo desolato, che inizia ad aprirsi, ospitando ricordi, fantasmi e pensieri che, piano piano, da cristalli congelati e immobili, si trasformano in respiri, voci, danze.
In scena un’unica attrice.
NOTE DELL ’AUTORE
Fernando Pessoa scrisse “[…] un giorno verrà il giorno in cui ormai non dirò più niente. Chi niente fu né è, non dirà niente.” Quest’opera parte da qui, da un niente orfano di un tutto o di una sua parte, di qualcosa anche infinitamente piccolo, di un gesto, di una parola, di un momento rimasto nell’aria, in una sorta di deposito nuvolare in cui si accalcano attimi di vita, rimpianti e dolori. Carmela, Marino ed Elvezia restano imprigionati in questa sorta di limbo che assume le sembianze di un palazzo, di una rovina dimenticata che si erge proprio al centro del paese, eppure sembra non farne parte. Vivono per modo di dire, perché se si continua a respirare, a svegliarsi al mattino, ad addormentarsi la sera, tecnicamente si è ancora in vita. Eppure ci sono morti che avvengono senza spasimi, senza clamore. Si può dire che questi tre personaggi siano morti già da un pezzo e che l’unica cosa a tenerli in piedi sia la reiterata messa in scena della vita, la carrellata di ricordi, di rimorsi, di illusori attimi d’amore. ‘Chi niente fu (non dirà niente)’ è la storia di tre solitudini simili ma totalmente estranee tra loro, lontane, che continuano a implodere per conto proprio, sempre allo stesso modo, con uguali parole, movimenti, espressioni di anime imbastite in un vestito che sembra non terminare mai. Manca sempre un orlo, un filo che pende, un ago che cade. La solitudine è un abito scomposto che impone al corpo pose innaturali, curvature, depressioni, che restano come tracce di un passaggio, di qualcosa che è stato e che non sarà più. Queste tre bestie di noia, teneramente mansuete, alternano lampi di lucidità ad abissi di delirio, che fanno meno male della verità. Allora la recita riempie il vuoto ed è anche buffa; reiterare dei ruoli che gli sono stati imposti o strappati via li aiuta ad avere ancora calore nel corpo e sangue e cuore. Intanto la vita, al di fuori di loro, del palazzo cadente, lì nel mondo dove non hanno più posto, va avanti anche senza di loro. Non furono niente per nessuno, ma non diranno niente. Non torneranno nel mondo a sbraitare, a reclamare, a vendicarsi. Resteranno dove nulla può più ferirli, aspettando che il tempo li chiami a sé, che le mani si fermino, che le gambe smettano di tremare, che i pensieri concedano una tregua alla memoria o che se ne liberino.
La BiennaleMArteLive è prevista per ottobre 2022 a Roma.
Le iscrizioni resteranno ancora aperte fino al 31 maggio 2022 e le selezioni sono ancora in corso in tutta Italia ed Europa.