Rumore di mosche e campane.
Le campane e le mosche sono sinonimi. Ambigue entrambe, a seconda dell’umore e delle circostanze, anticipano festa o morte. Sanno, contemporaneamente, di decomposizione e di vita. Queste due forze contrastanti vivono in ognuno dei 36 racconti che compongono la raccolta “Rumori di mosche e campane”, che sanno di famiglia, di incontri, di attese, di speranze, di fiori e vite recise, di malinconie. Sanno di mare e di foglie. Descrizioni, come dipinti, alternano storie di uomini o di donne. È un libro singhiozzante, fatto di lacrime, di indignazione e di allucinazioni. Ogni capitolo è un seme, il primo dito sulla mano di un embrione che non nascerà mai. C’è dentro il necessario: tutto è raccolto nel circolo vizioso di un nastro adesivo che nasconde il margine del principio. Bisogna cercare cercare cercare, fino a intuirlo con i polpastrelli, trovarlo, sollevarlo. È, dunque, un libro scritto con le dita, da grattare da tutte le parti, da osservare fino a scovare l’inizio dal quale srotolare via tutte le verità che nascoste.