Skip to main content

Riccardo Androni

VIDEOARTE | Lombardia

Sensibile alla morte e alla caducità della realtà, curioso e attratto dall’ignoto, Riccardo Androni (Bergamo, 1996) è interessato alla fragilità della natura umana. La fotografia, il video e la performance si sono rivelati mezzi privilegiati per rilevare schemi di significato intrinseco alla realtà. Le sue opere, spesso metaforiche, tentano di strappare il velo dell’ovvio per sondare gli abissi interiori della psiche umana e portare alla luce la profonda fragilità che ci definisce come esseri umani.

Originario di Bergamo, attualmente risiede a Losanna. Ha intrapreso gli studi universitari in fotografia presso la LABA di Firenze, seguiti da un anno di specializzazione post-laurea in MOVIES – Moving Images Arts presso lo Iuav di Venezia. Successivamente, ha trascorso un anno come artista in residenza presso il centro di ricerca FABRICA a Treviso e sei mesi come fotografo per il gruppo Benetton. Motivato a migliorare le sue competenze e la sua pratica artistica, si è iscritto a un programma di master in fotografia presso l’ECAL. Dopo essere stato esposto alla Biennale dei Giovani Fotografi Italiani e presentato sia a Portfolio Italia che a Palazzetto Tito di Venezia, il suo lavoro ha acquisito una presenza significativa nella mostra DEBRIS curata da Peter Welz, seguita da HERE BECOMES ELSEWHERE curata da Carlos Casas. L’artista ha avuto l’onore di vincere il 2º premio al XXII FotoConfronti e di essere pubblicato sul Corriere della Sera. Recentemente, le sue opere sono state esposte presso il Complesso dell’Ospedaletto a Venezia, come parte della mostra VENEZIA FABRICA FUTURA, curata da Carlos Casas. Nell’ultimo anno, ha esposto per DER VIERTE RAUM, curata da Frappant Galerie; venduto opere a Offprint London presso il Tate Museum; e preso parte alla mostra WE DO THE REST, curata da Milo Keller e Augustin Lignier, prima a Chiasso in collaborazione con la Biennale dell’Immagine, poi ad Arles in occasione di Les Rencontres de la Photographie.


Descrizione progetto in concorso

η lost in translation, presenta una sequenza di immagini che mostrano movimenti del corpo ispirati alle Sculture Incompiute di Michelangelo. Le immagini sono accompagnate dai suoni degli scalpellini che scolpiscono il marmo. Il progetto esplora il concetto della perpetua trasformazione del sé e della continua lotta dell’ego per liberarsi dalla sua prigione psicologica. Tra il fisico e lo spirituale, la materia e la memoria, l’anima cerca di definirsi attraverso un movimento tra azione e rappresentazione. I corpi cercano di uscire dalla materia e di acquisire una propria identità.In questa opera, l’artista cattura immagini sfocate attraverso esposizioni di 1 secondo, tracciando i movimenti dei quattro Prigioni di Michelangelo all’interno della Galleria dell’Accademia a Firenze. Ogni immagine serve come studio del movimento, mentre l’artista si immerge nei gesti delle sculture, cercando di incarnare il peso psicologico che esse trasmettono. Questo processo non solo documenta i movimenti fisici, ma esplora anche le profondità emotive e psicologiche delle sculture, creando una serie di studi dinamici ed evocativi.